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UN PREMIO ALLA FOLLIA, UN PREMIO ALLA CURIOSITÀ

23 ottobre 2019

Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico

Tutti conosciamo il Premio Nobel, un premio assegnato a chi – con il proprio operato – ha compiuto grandi opere o azioni per l’umanità.
 
Quello che però molti non sanno è che esiste un altro riconoscimento, che – sebbene non sia prestigioso come il primo – merita comunque attenzione: il Premio IgNobel.
 
È un premio che viene assegnato ogni anno agli autori delle dieci ricerche più «strane, divertenti, e perfino assurde», i cui risultati sono pubblicati in articoli, spesso anche su riviste scientifiche autorevoli. Quando il premio nacque, nel 1991, non venne accolto con troppa gioia dai vincitori, i quali per 5 anni si rifiutarono di presenziare all’assegnazione. Oggi, alla cerimonia, una fila di persone riceve il Premio con entusiasmo ed eleganza. Da quelli che si presentano vestiti da topo a quelli con una tavoletta del water attorno al collo, il campionario è ampio e variegato. E, spesso, a consegnare il riconoscimento, sono dei vincitori del vero Nobel.
 
L’IgNobel potrà anche sembrare una pazzia improvvisata, ma così non è. Sponsorizzato dalla rivista scientifica-umoristica americana Annals of Improbable Research, il Premio viene assegnato al Sanders Theatre dell'Università di Harvard nel corso di una cerimonia di gala co-patrocinata da mezza Harvard. Non è prevista una somma di denaro per i vincitori, ma la possibilità di tenere una lezione informale sulle proprie ricerche al MIT, il Massachusetts Institute of Technology
 
Ma perché mai Harvard e il MIT spendono ogni anno una grossa quantità di tempo e denaro per organizzare un Premio da consegnare a gente che crea protesi per vivere come le capre e le testa vivendo per settimane assieme agli ovini in questione?
 
La risposta sta tutta nel motto del Premio IgNobel:
 
«Ricerche che prima fanno ridere la gente e poi la fanno riflettere»
 
Riflettere sul fatto che la Scienza può partire da un gioco, dalla curiosità o addirittura da una vena di follia. La scienza trova una risposta ad una domanda che forse non era neanche il caso di fare, una soluzione ad un problema che praticamente non si era posto nessuno perché in fondo a nessuno importava. Tale risposta può poi finire nel cassetto per decenni, ma qualcuno prima o poi quel cassetto lo riaprirà. E mescolando la soluzione inutile ad un problema apparentemente stupido, fornirà risposte ad una serie di domande non necessariamente già formulate. Finendo nelle case di tutti i cittadini, per migliorarne la vita quotidiana.
 
Osservando i cani fare i propri bisogni si individuano possibili vantaggi per le operazioni di ricerca e soccorso; analizzato la rottura degli spaghetti si giunge all’ingegneria civile e alla genetica; giocando con delle muffe in un labirinto si progettano reti di trasporto o si studia l’evoluzione dei tumori. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo la Scienza ci insegna che nessuna curiosità è davvero stupida, nonostante i nostri dubbi. Ogni curiosità merita di essere seguita, ogni problema merita di essere indagato. Non esistono sprechi di tempo e denaro, quando si insegue la voglia di conoscere. Esiste, al massimo, l’imprevedibilità delle conseguenze. Che non è però necessariamente un fattore negativo.
 
Leggenda vuole che un giorno Faraday, uno dei principali studiosi di sempre dell'elettricità, ricevette la visita di un ministro. Lo scienziato gli mostrò il proprio laboratorio e l'esperimento su cui stava lavorando. Il ministro alla fine del tour, pose una domanda: “Interessante, ma a che serve?”. Faraday lo squadrò, rispondendo gelidamente “Non lo so, ma scommetto che un giorno il vostro governo ci porrà sopra una tassa”.
 
L'esperimento era quello che condusse all'invenzione della dinamo, fondamentale per la produzione di energia elettrica. E la tassa, come previsto, arrivò.

Luca Perri sarà tra i relatori della prima giornata di S4P 2019

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