Intervista a Giulia Innocenzi
14 novembre 2018

Science for Peace è un momento importantissimo durante il quale il mondo della scienza (e non solo) s’incontra per parlare di questioni che toccano la nostra società e le nostre democrazie.
In un periodo storico in cui tutti ritengono di poter esprimere la propria opinione su tutto senza averne le competenze, è bene che vi siano iniziative come Science for Peace nelle quali scienziati, professori universitari, esperti si confrontano in modo serio e costruttivo sulle tematiche più urgenti.
Perché secondo te questo progetto è innovativo e come?
La scienza, troppo spesso, viene relegata nelle aule universitarie o nei laboratori. Invece sono convinta che debba entrare al centro del dibattito pubblico: questo è uno degli obiettivi di Science for Peace che riesce, quindi, a centrare in pieno.
Le tematiche degli ultimi anni della Conferenza, che avuto l’onore di condurre, sono quelle di cui sentiamo parlare tutti i giorni: quest’anno disuguaglianze, l’anno scorso la post-verità, l’anno precedente i migranti.
Se ne parla tanto, ma difficilmente dalle persone che sanno ciò di cui parlano e hanno l’autorevolezza per farlo.
Science for Peace mette un punto, fornisce dati, cifre, anche idee nuove, non presenti nel dibattito di tutti i giorni, offrendo anche una piattaforma programmatica alla società e ai decisori pubblici che, possono decidere di metterla in azione, renderla concreta.
E’ per questo che tutti gli anni, insieme ai Premi Nobel, agli universitari, agli esperti di grande valore, ci sono sempre uomini e donne delle Istituzioni.
Non dimentichiamo che il nostro pubblico è composto per la maggior parte da studenti delle scuole superiori e delle università: il mio compito, oltre a tenere i tempi, è cercare di tradurre in un linguaggio comprensibile tematiche molto alte e complesse. Mi sembra che si stia riuscendo anche in questo obiettivo: la partecipazione molto calda degli studenti ce lo sta dimostrando.
Uno o più momenti che ricordi in modo particolare di questi anni insieme a Science for Peace?
Direi molti momenti. Sicuramente l’apertura dell’ultima edizione in cui abbiamo ricordato la scomparsa del Professor Veronesi, che è stata molto emozionante. Ho conosciuto il Professore proprio grazie a Science for Peace: ricordarlo sul palco con Paolo Veronesi è stato molto toccante.
Personalmente ricordo con emozione di aver conosciuto Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace per la sua battaglia per la democrazia in Iran: è una delle mie eroine, per me è stata una cosa bellissima.
Un altro ricordo personale: il confronto tra Colombo, De Masi e Galimberti, che partiva dall’analisi delle violenze dei nostri tempi e che si è trasformato in una serie di consigli “pratici” ai giovani per diventare protagonisti della loro vita e del loro tempo.
I punti di vista tra i tre relatori erano molto diversi: è stato uno degli incontri più accesi che si sia mai visto sul palco di Science for Peace, molto partecipato anche dagli studenti. Mi è piaciuto molto, anche se moderarlo è stato un’impresa!
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